Catania

In Sicilia non si perde mai occasione di perdere un’occasione

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La seduta inizia puntuale, non si può perdere troppo tempo. Gaetano Galvagno, Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, ha un volo per Bruxelles. Alle 12,30 si è riunita al Palazzo la capigruppo. Gli esponenti delle forze politiche concordano le modalità del dibattito che è stato anticipato rispetto all’orario consueto: dalle 15 alle 14.

Sicuramente a Palermo avrà fatto un gran caldo quel pomeriggio, ma Gaetano Galvagno non rinuncia a presentarsi in giaccaecravatta. Ha pure il fazzoletto nel taschino. Forse i condizionatori di Sala d’Ercole gettano aria troppo fredda, o forse Galvagno è consapevole che le immagini di quella seduta verranno riprese da trasmissioni televisive, testate giornalistiche e profili social; ci tiene ad essere presentabile, d’altronde rappresenta un’istituzione.

Ma che dico, Galvagno rappresenta l’Istituzione, quella con la I maiuscola, l’organo rappresentativo di tutte e tutti i siciliani. Gaetano però non si mostra troppo sicuro di sé; ansima, prende grandi boccate d’aria tra una frase e l’altra. Siamo abituati a vederlo scolpito su un blocco di marmo, fermo, deciso; ogni frase da lui pronunciata, per il tono e le parole usate, sembra quasi una sentenza. Un po ‘ come il suo mentore, il suo padre politico, il suo compaesano Ignazio La Russa.

Oggi però non è così. E come non biasimarlo; è chiamato in aula a riferire sull’inchiesta della Procura di Palermo che lo accusa di corruzione. E’ stato il Presidente della commissione regionale antimafia e anticorruzione, Antonello Cracolici, il primo a chiedere all’indagato spiegazioni :

«È venuto il momento per il presidente dell’Ars di riferire al parlamento della vicenda che lo riguarda e che investe i suoi collaboratori. Fermo restando il suo diritto a difendersi nelle sedi giudiziarie è un uomo pubblico che rappresenta l’istituzione democratica più alta della Sicilia e come tale ha il dovere di informare la pubblica opinione attraverso il parlamento».

Timidi, lo hanno seguito i partiti dell’opposizione. E’ evidente che Galvagno riferisce in aula per arginare, con la sua lettura dei fatti, il fiume in piena che viene alimentato ogni giorno di più dalle carte delle indagini. Lo si capisce perfettamente dalla lunga prefazione del libro della seduta, dove si mostra, sempre ansimando, disponibile al confronto che dalle sue parole sembra quasi gentilmente concesso all’Assemblea. Quasi come se fosse richiesto, dato ma non dovuto. Così sconfigge il “magone” (ne ha parlato in un post su Facebook). Anche se di quel magone rimane traccia quando passa la conduzione dell’Assemblea al Vice-Presidente DI Paola (m5s).

“Da più parti mi è stato chiesto di fare un passo indietro. Non sono attaccato alla poltrona ma se decidessi di dimettermi finirei per affermare il principio che un messaggio diffuso sui social sia più forte della Costituzione. Stiamo parlando di una indagine che non è conclusa e dovrà semmai passare per i tre gradi di giudizio; non si possono invocare le leggi a convenienza”.

Condivise o meno, l’inciso sui tre gradi giudizio fa immaginare al lettore delle braccia che portano avanti le mani. Il presidente non lascerà la carica. Dopo aver preso atto delle dimissioni dell’ormai ex portavoce Sabrina De Capitani, l’enfant prodige della politica siciliana non rinuncerà alla poltrona, questo è evidente. Il suo destino è già scritto, è il prossimo papabile alla Presidenza della Regione, e il treno che lo porterà a destinazione non si farà fermare da questi piccoli intoppi. “Per me questa giornata è surreale”, ha detto il capogruppo del Misto, Gianfranco Miccichè. “Nessuno di noi ha il diritto di dire se Galvagno è innocente o colpevole”. Sarebbe meglio che Miccichè lo dicesse ai suoi colleghi di FDI.

“Probabilmente Gaetano Galvagno è talmente preparato, corretto, garbato, giovane, onesto da fare paura a pseudo competitor che usano mezzucci per provare ad infangarne l’immagine. Sono fiduciosa nella giustizia che mi auguro, in tempi brevissimi, chiarisca questa vicenda”.

Si libera così Eliana Longi, Deputata Siciliana FDI, sui social, sostenuta dai suoi giovani sostenitori di Gioventù Nazionale, con un post che vede un primo piano di Gaetano come sfondo a queste parole che non lasciano dubbi sulla sicura innocenza di Galvagno, “un giovane garbato” che viene, secondo la sua visione, infangato da una Procura al servizio dei competitor che si avvalgono di “mezzucci” (non è ben chiaro chi siano questi competitor. Forse che sono avversari politici e la Procura è il loro mezzuccio? Forse che è la procura stessa il competitor che usa quindi i media come mezzucci? Ma perché la procura dovrebbe essere un competitor di Galvagno? E se non è lei, perché dovrebbe prestarsi come mezzuccio ai partiti di opposizione? E poi non capisco, cosa significa mezzuccio? Ha qui valenza dispregiativa o diminutiva, nel senso di “piccolo mezzo”? Ma perché prima accusa tutti e nessuno e poi dichiara di avere fiducia nella giustizia?).

Tutte queste domande mi devastano, e mi fanno venire un certo mal di testa che porterà alla fine della scrittura di questo articolo. Nel frattempo il Fatto Quotidiano titola “Il record di Schifani: tra giunta e consiglio già tredici indagati”. Potevamo dimostrare che in Sicilia le cose vanno diversamente, ma la spartizione dei fondi pubblici è malata, seppur perfettamente legale sul un piano giuridico: dalle manifestazioni culturali alla promozione turistica, tutto guidato da una logica spartitoria che guarda non al merito o alla programmazione ma alla costruzione di un consenso. Nella maggior parte dei casi è tutto legittimo, per carità, ma il fatto che sia legale non vuole dire che sia giusto. Potevamo dimostrare che in Sicilia le cose vanno diversamente, ma io penso che in Sicilia non perdiamo mai un’occasione di perdere un’occasione. Spero solo di non amminchiarmi sulle parole della Longi, più enigmatiche di un romanzo di Dan Brown, ma scontate allo stesso modo.