Intervista ad Attilio Bolzoni – il più acuto reporter italiano sui temi mafiosi – che a Catania ha presentato con InChiostro il suo ultimo lavoro: Gli Immortali. Il libro, smentendo il racconto di una presunta vittoria dello Stato e dei mafiosi sconfitti dopo la stagione delle stragi, indaga la mafia di oggi, degli incensurati e dei mafiosi antimafiosi.
Lei scrive che “antimafia” è ormai una parola obsoleta, perché?
Perché il nemico si è appropriato della parola del nemico. Tu pensa che fino a una quarantina di anni fa, a Palermo si diceva che la mafia non esisteva, perfino i magistrati negavano l’esistenza della mafia e negli anni ’70 i procuratori generali nelle loro relazioni all’inaugurazione dell’anno giudiziario non nominavano mai la parola mafia. Io con le mie orecchie, il giorno dopo l’uccisione del generale Dalla Chiesa, il 4 settembre dell’82 in un circolo di Palermo, ho visto i principi del foro dire: “Ma la mafia mica esiste.”
Da quella mistificazione, “la mafia non esiste” si è passati a “La mafia fa schifo.” Chi lo dice? Lo ha detto il presidente della regione Cuffaro, il giorno in cui viene rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo dicono i mafiosi che vengono condannati per associazione mafiosa. Insomma è nata una figura molto singolare in Sicilia, quella del mafioso antimafioso. Antimafia è ormai uno slogan per tutti, depotenziato, che non vale più niente. Bisogna rimodulare la parola in qualche altro modo. Qualcuno in passato lo ha detto benissimo: il dibattito sulla mafia è passato dal silenzio al rumore. Un rumore che confonde e che disorienta e non spiega qual è l’unica arma per orientarsi nei labirinti e nei misteri: il sapere.
E a Catania?
In questa città si può dire che un dibattito serio sulla mafia non è mai avvenuto, nemmeno dopo Fava. Qua si diceva: la mafia si ferma al Simeto. Quando venni a Catania nell’84 per seguire l’omicidio di Pippo Fava – giornalista straordinario di una modernità assoluta – era come se la mafia non esistesse. Si diceva – lo diceva il giornale! – che la mafia non esisteva e non esisteva, tanto non esisteva che il questore, il prefetto e tutte le cariche più grosse andavano a inaugurare la concessionaria Camcar di Benedetto Santapaola. Dall’altra parte della Sicilia hanno fatto una carneficina di magistrati, poliziotti, carabinieri, preti, imprenditori. Là una mafia manifestata con la violenza delle armi ha scatenato un dibattito, cosa che non è avvenuta qua nella Sicilia orientale.
Ora, chiusa la parentesi stragista, non si parla più di mafia da nessuna parte?
Un vizio tutto italiano, dell’associazione antimafia come della pubblica opinione: se non c’è il morto a terra, non c’è il sangue, allora non c’è la mafia. E i fatti mi dicono che il giornalismo, tranne rare eccezioni, si è arreso. Nonostante tutto quello che è accaduto, tutto quello che è avvenuto con le stragi, il maxiprocesso, una stagione intera delle nostre vite, ancora consideriamo la mafia come un problema di ordine pubblico e di sicurezza: vuol dire che abbiamo fatto pochi passi in avanti.
Perché l’incipit del libro, mafia senza mafiosi?
In Italia c’è sempre più mafia, ma ci sono sempre meno mafiosi, perché i mafiosi che vengono individuati provengono da quella che io chiamo “la mafia degli emarginati”, le facce sconce, quelli che non fanno più paura a nessuno e sono piccoli boss dei loro piccoli regni. Ma l’alta mafia oggi, la borghesia mafiosa è un’altra, intoccabile, non lascia tratti, non lascia impronte digitali ed è quella che comanda dopo le stragi.
Il nucleo centrale dell’associazione, del sistema politico-affaristico-mafioso sono i colletti bianchi e neri, mentre il concorso sono i mafiosi che intervengono alla bisogna, in posizione subordinata.
Quindi è cambiato qualcosa tra mafia, politica e giustizia?
Il rapporto tra mafia e politica è tornato quello di una volta, dove la politica comanda sulla mafia. Coi corleonesi c’è stato uno squilibrio, nel senso che quel tipo di mafia molto violenta, molto anomala, ripeto, molto anomala, voleva comandare. Ora si è tornati all’origine, ad un rapporto di commistione totale, silenziosa, non grossolana. Una volta un mafioso, sai cosa m’ha detto? “Per noi la politica è come l’acqua per i pesci.” Che fanno i pesci senza acqua?