Il nuovo Piano regolatore del porto di Catania promette di trasformare la città in un enorme hotel a cielo aperto. La nostra classe dirigente sembra incapace di immaginare un futuro senza cemento.
Mentre un AST o un BRT salta la corsa, i prezzi dello storico mercato di frutta e verdura lievitano o si schiva una gigantesca buca pronta a distruggerti una o due ruote, l’annuale classifica del Sole 24 Ore sulla qualità di vita del 2024 premia Catania, con una crescita di ben nove posizioni rispetto al 2023. Dal novantaduesimo all’ottantatreesimo posto, su centosette province prese in analisi.
Ma di tali classifiche, così come del PIL o della crescita del tasso di occupazione tout court, è opportuno studiarne i parametri di riferimento, prima di farsi cogliere da ingenuo stupore. Infatti, dall’analisi sulla città etnea, se non stupisce il forte impatto positivo sulla crescita del turismo, altri valori potrebbero lasciare perplessi. L’aumento degli affitti di oltre il 30%, la seconda più bassa età media al parto (performance migliore, così scrive il quotidiano), la terza posizione per pensioni di vecchiaia con assegni bassi (cioè il numero di pensionati con meno di trent’anni di contributi). Una serie di dati indice di una situazione sociale terribile letta positivamente. Sembra quasi una parodia comunista anni ’30 sui lati oscuri del capitalismo; invece effettivamente l’economia scevra dalla realtà sociale regala scenari ibridi, post-moderni, dove “non esistono fatti, solo interpretazioni”. Se l’aumento degli affitti potrebbe rappresentare eufemisticamente una difficoltà per i residenti, è pur vero che aumenta il valore del mercato immobiliare. Si sceglie quest’ultima lettura.
Proprio in quest’ottica speculativa, finanziaria, di una paventata crescita, è stato promosso il Piano regolatore del porto di Catania (d’ora in poi, brevemente, PRP).
Senza entrare in dettagli tecnici (del resto, estranei perfino al Consiglio Comunale, non coinvolto nella stesura del Piano), è stata prevista una crescita della superficie portuale del 30%, attraverso due ampliamenti. Si tratta di un investimento pari a 940 milioni di euro, ripartito per tre decenni (dal 2025 al 2055).
Quello a nord, verso la stazione, prevede la creazione di un porto esclusivamente turistico. Ottantaquattromila metri quadrati (circa nove campi di calcio) per accogliere navi da crociera e costruire nuovi alberghi e centri commerciali. Questi ultimi, ipotizziamo, su misura del turista: Catania e provincia sono già disseminate di centri commerciali (record europeo per una delle zone più povere dell’Unione). O forse ai nostri amministratori, i centri commerciali, piacciono e non riescono a non pensare un futuro in cui, ogni diecimila abitanti, ce ne siano almeno tre o quattro.
L’ampliamento a sud, verso la Plaja, consterà di “soli” cinquemila metri quadrati, per una nuova darsena per accogliere settecento barche e yacht. In questa immensa colata di cemento, ci sarà anche spazio per una zona specifica destinata ai pescherecci e alla pesca locale.
Le malelingue potranno accusarci di non mettere in risalto le luci di questo progetto: l’impatto economico è stimato in circa seicentosessantanove milioni di euro con tremilasettecento posti di lavoro. Sì ma in trent’anni, vale a dire solo cento posti di lavoro l’anno. Inoltre, la crescita stimata del traffico commerciale non appare così eccezionale, con appena il 106% in più rispetto al 2022 (all’epoca contava centosei milioni di euro) e 260 posti di lavoro in più.
Con tali cifre, è evidente che, nonostante la manifesta intenzione di voler modernizzare il porto e renderlo più competitivo, il settore veramente beneficiario non sarà legato alla navigazione, alle barche o al movimento merci, ma quello del commercio al dettaglio. Insomma, il settore privato, che raramente porta benefici all’intera comunità.
L’associazione Volere la luna ha inoltre espresso perplessità proprio riguardo questi dati di crescita del traffico marittimo, ritenuti irrealistici. Ma al di là dell’impatto economico -pur tenendo ben presente quanto possano risultare fallaci le stime-, è la questione ambientale a non poter essere ignorata in nome di un presunto sviluppo. Il presidente dell’Autorità del sistema portuale ha rassicurato che il PRP avrà “attenzione massima alle tematiche dell’ambiente”. Lungi da noi attaccare la competenza del presidente, ma simili parole fanno dubitare che abbia effettivamente letto il Piano.
L’ampliamento a nord infatti prevede non solo la sostituzione dell’attuale stazione di Catania centrale con una sotterranea, con conseguente disagio per tempo imprecisato dei viaggiatori, “per rendere l’area portuale accessibile e vivibile” affinché “i cittadini possono godere appieno di uno spazio che appartiene alla città” (il virgolettato è del sindaco Trantino che, forse, il Piano l’ha letto e gli è perfino piaciuto). Non solo si caldeggia l’abbattimento degli archi della Marina, che purtroppo sono “strutture che non possiedono una vera e propria funzione economica”, secondo le parole del delegato di Confindustria Antonello Biriaco -che se applicasse un simile ragionamento all’intera popolazione catanese potrebbe tendere a politiche eugenetiche.
Ma soprattutto, è prevista la cementificazione della scogliera Armisi, sotto la stazione centrale. “Mare in città” per gli abitanti del centro storico, la colata lavica che l’ha disegnata risale forse al 4.000 Avanti Cristo, regalando alla città un paesaggio straordinario. Ma di fronte agli introiti -per i privati- che potrebbero portare i migliaia di turisti, la conservazione di un ecosistema unico passa in secondo piano (anch’esso, probabilmente, senza una funzione economica).
Ma anche l’ampliamento a sud comporterebbe un danno ambientale inaccettabile. La foce del fiume Acquicella dovrebbe essere spostata più a largo, con conseguente stravolgimento dell’ecosistema fluviale, già provato da un analogo spostamento negli anni Settanta. Tra l’altro, una simile operazione sarebbe del tutto illegittima, trattandosi di un’area classificata come “tutela assoluta” nel piano paesaggistico.
A fronte di tutto ciò, azzardiamo un’ipotesi sui sostenitori del Piano: la sopracitata classifica del Sole 24 Ore poneva ultima Catania per l’ecosistema urbano. Se si analizzano i parametri, risulta penultima per verde totale. Ora, si vede che si è deciso di spingere su un valore positivo, cioè il turismo, e lavarsi le mani di quello più negativo: su una città quasi priva di parchi, già cementificata, si costruirà ancora. Nessun tentativo di mutare il trend, ma assecondare ciò che è già in atto.
In conclusione, nonostante il tetro ritratto qui esposto, il PRP potrebbe non essere approvato: oltre alla resistenze della società civile, il Piano è sotto il vaglio del Ministero dell’Ambiente e l’Autorità nazionale anticorruzione si è espressa negativamente sull’assegnazione dei lavori (il Piano è stato redatto senza un documento di pianificazione strategica e prima di aver individuato un’area di intervento con decreto ministeriale). In ultimo, l’area della scogliera Armisi non rientra nel perimetro del porto e dunque l’Autorità Portuale non può redigervi un piano. Ma, e qui siamo sul tragicomico, su di essa si sta svolgendo un contenzioso con una società privata che già nel 2003 aveva proposto un progetto simile a quello del PRP.
Insomma, vi sono degli spazi per poter combattere contro un simile progetto, che non solo deturperebbe la città, ma è manifesto di un certo tipo di sviluppo oggi più che mai anacronistico. Già dagli anni Sessanta abbiamo assistito a una cementificazione massiccia della provincia di Catania, che ha reso borghi come Acicastello, Acitrezza, Ficarazzi, San Giovanni La Punta (solo per fare degli esempi) un’immensa distesa di case, senza nessuna attenzione alla vivibilità, né tantomeno al verde. Farsesco poi continuare a puntare al turismo, quando città come Venezia, Firenze o Barcellona hanno dimostrato come un tale fenomeno non porti ricchezza, se non agli alberghi, ristoranti e B&B: i comuni cittadini vedono solo alzarsi i prezzi. Ma sono proprio i primi a essere gli interlocutori dell’amministrazione catanese, non ultimo Trantino: basti pensare al Concertone di Capodanno. Due milioni stanziati per mostrare la piazza dell’elefantino in diretta nazionale. I turisti possono stare tranquilli: per loro ci sarà sempre posto.
NDA: le pagine di Volere la luna sono sempre attive sul tema. Vi invitiamo a seguirle per essere aggiornati su eventuali conferenze stampa o manifestazioni. Vi invitiamo anche a firmare la petizione online contro il progetto: https://www.openpetition.eu/it/petition/online/salviamo-la-scogliera-darmisi-a-catania