In questi termini si esprimeva il 28 aprile 1947 Concetto Marchesi, grande Costituente eletto nelle file del PCI e già presidente della Commissione istruzione e belle arti in Consulta Nazionale. Proprio in quella data, il 28 aprile, si decideranno in Assemblea Costituente le sorti dei rapporti tra scuola pubblica statale e scuola privata.
Una tale attestazione era dovuta in concreto al fondato timore, denunciato dal deputato dell’Assemblea, di evitare che uno “scavalcamento” cattolico al sistema scolastico pubblico potesse di fatto affermare un intollerabile privilegio per le scuole private, minando dalle fondamenta il principio basilare della libertà di insegnamento: «l’arte e la scienza sono libere».
Proprio il dibattito sopra citato, che minaccia oggi di ripresentarsi concretamente nelle scelte politiche del governo, era stato il grande punto di rottura nel dibattito costituente tra la fazione democristiana e quella socialcomunista, che aveva condotto a quella formula compromissoria (cd. emendamento Corbino) che è oggi il terzo comma dell’articolo 33 della Costituzione: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».
Disputa oggi tutt’altro che risolta, a fronte dei più recenti tagli all’Università pubblica – che altro non fanno che radicare il precariato – e dei nuovi finanziamenti stanziati per l’anno 2024-2025 alle scuole paritarie. Su quest’ultimo punto, è da ricordare che l’allocazione di risorse a favore delle scuole paritarie si è quasi triplicata in poco più di un decennio: infatti, a fronte dei 286 milioni destinati agli istituti parificati nel 2012, due nuovi decreti firmati dal Ministro Valditara nel febbraio di quest’anno prevedono uno stanziamento complessivo di 750 milioni di euro per l’anno corrente (con un aumento di 50 milioni rispetto al precedente anno). Tutto ciò a fronte di un nulla di fatto sugli incrementi reali degli stipendi e di continui tagli alla dotazione organica delle scuole statali, tra docenti e personale amministrativo. Un’inaccettabile incongruenza – che urla paradosso – è così quella che da un lato incentiva la frequenza di scuole private e dall’altro umilia il diritto allo studio e il personale già precario di istituti statali.
Bisogna qui ridimensionare anche la posizione di chi, in omaggio all’asserita funzione di pubblica benemerenza della scuola privata – ben lontana però, si badi, dal carattere di intrinseca pubblicità che il ministro Valditara ha seguitato a riconoscergli in alcune sue dichiarazioni – finisca per giustificare un onere a carico dello Stato. Tuttalpiù, un’incombenza statale potrebbe ammettersi e potrebbe dirsi pienamente legittima sul piano costituzionale solo in relazione a quegli adempimenti strettamente connaturati all’istituzione di scuole private. Ne consegue che la sola agevolazione alla creazione di scuole private porterebbe con sé infatti anche un implicito onere dello Stato, laddove qualsiasi altro esborso dovrebbe ritenersi del tutto irragionevole, qualora non suffragato dalla necessità di attuare diverse e ulteriori disposizioni costituzionali.
Questo – e riallacciandoci ancora una volta al dibattito costituente – perché lo stato, pur potendo ravvisare nelle scuole private una qualche pubblica utilità, «non ne può riconoscere la necessità. Altrimenti distrugge la propria funzione educativa, l’efficienza della propria missione, di promotore dell’organizzazione della educazione nazionale» (Bianchi).
Una incoerenza di pensiero, ben evidente sul piano politico-legislativo, che non fa altro che aumentare il divario sociale tra istruzione gratuita e aperta a tutti e istruzione “per chi se lo può permettere”, improntata alla tutela del diritto a frequentare scuole private, a discapito del diritto universale allo studio sancito in Costituzione. Di fronte all’elevazione di un siffatto sistema scolastico – meno oneroso per lo Stato ma privilegio di pochissimi – le parole di molti dei Costituenti, pur rappresentando un prezioso patrimonio di cultura civile, sembrano degradarsi al suono di un’eco ormai quasi del tutto svanita. Tra tutte, quelle del deputato Walter Binni, il quale, all’alba della discussione in Aula sui progetti degli attuali artt. 33 e 34 della Costituzione, asserì duramente, a proposito dei finanziamenti alle scuole private, che «queste sovvenzioni hanno l’unico risultato di dare maggiore forza alle scuole private diminuendo l’efficienza delle scuole di Stato». Diminuendo l’efficienza della scuola di tutti.
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