È il 14 Maggio del 2024. Da pochi minuti è uscito il programma del grande sciopero studentesco indetto in occasione dell’anniversario della Nakba (1948). Una pacifica e non violenta assemblea nel cortile del Monastero: alle 9:00 una mostra culturale, alle 11:00 un dibattito pubblico, alle 13:00 un pranzo studentesco, alle 16:00 un reading. Il 15 Maggio il Monastero si riempie di bandiere, di studenti e studentesse. Al dibattito partecipano persino Docenti, intervenendo sul tema, mostrandosi parzialmente o totalmente in accordo o in disaccordo, e spiegando il perché. Si susseguono poi una serie di interventi di rappresentanti di varie realtà associative. Si nota l’assenza, silente ma evidente, dei più alti gradi di rappresentanza studentesca dell’Ateneo. Qualcuno lo dice al megafono. Dopo qualche giorno, il 22 maggio, compare sui social questo “comunicato ufficiale” (così recita, a caratteri cubitali, la grafica del post. Per non lasciare alcun dubbio sull’ufficialità del comunicato, un comunicato DOP);
“In seguito agli ultimi eventi, accaduti dapprima al Monastero dei Benedettini poi al Rettorato dell’Università degli Studi di Catania, le associazioni Azione Universitaria, Cambiamento UniCt, Crediamoci Catania e We Love Unict dissentono e si dissociano dalle modalità attraverso le quali si stanno svolgendo queste proteste.
Prima di discutere di merito occorre mantenere il rispetto delle regole fondanti di una Repubblica Democratica quale è la nostra. Siamo favorevoli a qualsiasi tipo di protesta e dissenso purché la libertà altrui non venga intaccata, purché si richiedano le dovute autorizzazioni, purché si permetta di esprimere le idee dissenzienti con la stessa enfasi con cui si rivendicano le proprie.
Siamo venuti a conoscenza del disagio creato nei luoghi dell’Università, luogo pubblico, di studio, di aggregazione e ci sentiamo dunque in dovere di dissociarci da quanto sta accadendo in questi giorni nel nostro Ateneo.
Ci teniamo a precisare che non appare consono agire in nome dell’intera comunità studentesca, dato che la quasi totalità delle associazioni presenti in Ateneo regolarmente registrate presso l’albo e che hanno partecipato alle elezioni democratiche studentesche NON hanno in alcun modo aderito pubblicamente a tali manifestazioni.
Lasciamo la rappresentanza studentesca a chi ogni giorno si spende per gli studenti e dagli stessi è riconosciuto formalmente e ricordiamo a noi stessi che quando la VERA comunità studentesca ha voluto protestare per i propri diritti lo ha fatto secondo le modalità previste dalla legge.
Restiamo a disposizione della comunità studentesca e della governance di Ateneo per trovare delle soluzioni comuni e ristabilire l’ordine nel più breve tempo possibile.”
Nel giro di pochi minuti, il post si riempie di centinaia e centinaia di commenti, molti dei quali paiono dapprima eliminati (così denunciano molti utenti nei commenti stessi).
C’è chi segnala le contraddizioni tra contenuto e metodo; “Eliminare i commenti fa parte de famoso dialogo che tanto millantate?? grandissimi ragazzi continuate così e farete strada”. Qualcun altro ironizza sui metodi, ormai noti, di propaganda durante la campagna elettorale; “Ma il caffè a tempo di elezioni me lo offrite lo stesso?”. Una studentessa commenta così; “È brutto vedere come dipendiate così tanto dai vostri partiti e dai politici che stanno distruggendo i nostri percorsi di vita. È altrettanto brutto vedere quanto siate indifferenti di fronte ad un genocidio, di fronte a tale distruzione dell’essere umano. A volte, è preferibile il silenzio alle parole ed è per questo che vi invito ad evitare di scrivere determinate sciocchezze perché vi rendono solamente persone povere interiormente.” Anche le associazioni che hanno partecipato all’Acampada rispondono: “Leggiamo con stupore, e forse un po’ di sarcasmo, il saccente, comunicato della destra catanese.
Autorizzazioni per protestare e autoreferenziali riferimenti alla comunità studentesca: questi gli argomenti di una classe dirigente studentesca che invece di esporsi sul tema preferisce guardare il dito anziché la luna.
Piuttosto che prendere una posizione chiara contro il terribile genocidio che sta subendo il popolo palestinese, la destra catanese attacca chi legittimamente sceglie da che parte stare.
La comunità studentesca non è fatta solo dai rappresentanti, ma da chi ogni giorno vive l’ateneo. Quella comunità ha risposto compattamente all’appello a sostegno del popolo palestinese, con attività impegnate e un’occupazione ferma ma rispettosa.
La nostra associazione non è tra gli organizzatori dell’acampada, ma abbiamo comunque partecipato alle attività proposte, ascoltando e discutendo.
Se la destra universitaria si fosse espressa per condannare le azioni dello Stato di Israele con la stessa veemenza con cui attacca gli studenti avrebbe sicuramente compiuto un atto di coraggio. Coraggio che, forse, manca.
A queste associazioni lanciamo un appello: anziché criticare strumentalmente la comunità che voi stessi volete rappresentare, perché non vi pronunciate sulle violazioni dei diritti umani perpetrate ai danni di un intero popolo?” (Comunicato apparso sulla pagina dell’associazione Koinè).
Ad oggi, Domenica 9 Marzo, il governo israeliano è al lavoro per istituire una “amministrazione per la migrazione” al fine di supervisionare l’esodo della popolazione da Gaza (così ha affermato ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich). Il Presidente degli Stati Uniti d’America Trump ha affermato che gli Stati Uniti “prenderanno il controllo a lungo termine di Gaza e la trasformeranno nella Riviera del Medio Oriente”, suscitando lo sdegno dei leader di quasi tutto il mondo fatta eccezione dell’amico Benjamin Netanyahu che, a fianco al presidente americano, ha dichiarato che il suo piano “cambierà la storia”. Come fa notare l’Agenzia Nazionale Stampa Associata, “nessun presidente americano aveva mai pensato di risolvere il conflitto israelo-palestinese prendendo il controllo di Gaza e sfrattandone la popolazione per un periodo o per sempre. Inoltre, non è chiaro se questo piano prevede il dispiegamento di truppe militari in territorio palestinese”. Il Presidente di una delle più grandi potenze mondiali, in barba alla convenzione di Ginevra sui diritti umani, che gli Stati Uniti hanno sottoscritto, ipotizza l’esodo forzato di 1,7 milioni di civili. I bombardamenti israeliani hanno causato oltre 40.000 morti (oltre 13.000 sono bambini) e oltre 92.000 feriti (fonte Ministero della Sanità palestinese), che si vanno a sommare alle oltre 1.500 vittime israeliane. Quasi 1,9 milioni dei 2,4 milioni di abitanti di Gaza sono sfollati, di cui quasi un milione sono bambini (1 milione solo nella prima settimana dall’inizio dei bombardamenti). Dopo tutto questo, il comunicato delle associazioni della destra catanese si configura come il comunicato di chi guarda al proprio dito e non alla luna.
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