Tecnoansia

JOMO: un rimedio alla tecno-ansia.

La joy of missing out e la libertà di dis-connetterci lontano dalla frenesia dei social
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Nella società iperconnessa in cui viviamo, non c’è voluto tanto tempo per rendersi conto di quanti danni arreca il bisogno di una socialità compulsiva alla nostra salute mentale. Con l’accesso istantaneo ai social network, si è aperta una finestra che si affaccia sulla vita degli altri – o su ciò che gli altri considerano abbastanza bello da poter condividere. Eventi, vacanze, amori: non c’è un limite a ciò che viene condiviso ed è sempre più sfumato il confine tra condivisione e ostentazione. Questa dinamica alimenta la FOMO: Fear of missing out, la paura di perdersi qualcosa. La FOMO (termine coniato già nel 2004) è considerata una forma di ansia sociale e si nutre della fisiologia dell’uomo: da un lato l’ansia di essere esclusi da un evento sociale e dall’altro il desiderio di connessione e di appartenenza ad una comunità. Diversi studi hanno dimostrato che una larga percentuale di adolescenti e giovani adulti soffrono di questa forma di ansia sociale, e che sperimentare livelli più alti di FOMO incrementa sintomi ansiosi e diminuisce la soddisfazione dei propri rapporti personali. La FOMO affonda le sue radici nell’endemica insoddisfazione della propria vita, e soprattutto del momento presente. L’aumento della paura di non star partecipando abbastanza è largamente – se non unicamente – collegato all’incremento dell’uso dei social, tramite i quali si viene tartassati da eventi che reclamano la nostra attenzione, e di conseguenza la nostra partecipazione. Il problema sorge nel momento in cui ci si rende conto della vasta scelta di opzioni e vista l’impossibilità di prendere parte a ciascuna di esse, si deve fare una selezione ed inevitabilmente lasciare fuori qualcos’altro, lasciandoci con gli interrogativi “ho fatto la scelta giusta?” “e se mi fossi divertito di più da un’altra parte?” interrogativi che non fanno altro che allontanarci dal momento presente, non facendoci immergere in ciò che stiamo effettivamente vivendo. È proprio partendo dalla riconquista del momento presente che ci si può riappropriare della propria tranquillità mentale e sperimentare la J.O.M.O.: joy of missing out, la gioia che si cela nella consapevolezza di non poter freneticamente partecipare a tutto. Il termine viene coniato nel 2011 dallo scrittore Anil Dash che a causa della nascita di suo figlio, trascorse molto tempo a casa e si accorse di non sentire alcuna mancanza, ma anzi di sentirsi in uno stato di gioia. La JOMO si basa sull’accettazione della realtà per ciò che è e non per ciò che ipoteticamente si poteva fare, dunque sulla celebrazione di ciò che si è scelto di vivere. Nel 2015 la saggista Christina Cook pubblicò “The Joy of Missing Out: finding balance in a wired world”, un libro che racconta la sua esperienza di disconnessione dai media e che presenta il “Manifesto della JOMO”, contenente i valori principali e dei consigli su come avvicinarsi a questo stile di vita. La JOMO trova la sua concreta applicazione nella consapevole scelta di distacco dai social, nell’attenzione rivolta a svolgere uno stile di vita lento e sempre meno iperconnesso, nel saper dire di no ad un evento non preoccupandosi di come gli altri stiano passando il loro tempo. E’ fondamentale imparare a coltivare la gratitudine per poter apprezzare il “qui e ora” e togliere spazio al desiderio di essere altrove ed è altrettanto importante valorizzare le connessioni umane, ben distanti da quelle che si ha l’impressione di raggiungere tramite i social, e costruire così comunità che possano rispondere al fisiologico bisogno di socialità. Per concludere, in un mondo in cui sentiamo che la nostra presenza è compulsivamente richiesta e che ci sono delle aspettative che dobbiamo soddisfare, è importante rallentare e rivolgere lo sguardo all’interno, lasciando a noi stessi la libertà di dis-connetterci.