Gli slogan ritornanti che indicano Catania come “migliore città universitaria d’Italia”, per la sua stimatissima e onorabilissima movida, oppure come “città dei giovani 2025” (premio ricevuto in pompa magna a Roma il 5 aprile) per un progetto di imprenditorialità digitale, non sono che vuota retorica, giochi di parole. Ce ne potremmo servire cioè per allontanare dalle nostre coscienze una dolorosa realtà: Catania è la città dell’apartheid per molti dei suoi giovani date le diseguaglianze sociali che dividono il territorio, che creano di fatto due città, due Catanie. Non vi si può trovare una sintesi: l’accesso ai servizi, le condizioni materiali e culturali, le prospettive di vita le separano, rendendole due estranee.
E allora: “città dei giovani 2025”, sì, ma quali giovani? Quelli nati in famiglie agiate e scolarizzate, forse. Per tutti gli altri l’altra Catania non offre nulla, se non infinito street food. Della condizione di questi giovani- di una povertà culturale, economica, sociale che si reitera ad ogni generazione- noi vogliamo dare una rappresentazione.
Alcuni elementi su cui porre attenzione, che costituiscono il cuore della Catania non da bere :
Dispersione scolastica, cioè l’abbandono precoce del percorso di studi: il 25% dei giovani tra i 18 e i 25 anni a Catania possiede al massimo il diploma di scuola media, in altre parole uno su quattro dei nostri coetanei (coetanei: ragazzi e ragazze nati e cresciuti nella stessa terra e nello stesso periodo storico in cui viviamo noi) è escluso dall’istruzione superiore.
Drammatica mancanza del tempo pieno, di mense e il degrado che investe gli edifici scolastici. La percentuale delle classi della scuola primaria che offrono il tempo pieno (almeno 40 ore settimanali) a Catania e Palermo è rispettivamente del 9,5% e del 6,5%, il dato più basso del Paese. A Catania soltanto un bambino su dieci fruisce del tempo pieno, di asili nido, di mense. Alla fine del primo ciclo scolastico — i cinque anni delle elementari — i bambini catanesi perdono, rispetto ai loro coetanei del Centro Nord, un anno di scuola, di sapere e di socializzazione. È un vero e proprio furto di futuro. Tempo pieno, nidi, asili e mense scolastiche, cioè diritti fondamentali dei bambini. Gli enti locali in questi ultimi anni hanno finanziato numerosi progetti, delegando, di fatto, al terzo settore il trattamento di un’enorme questione culturale, educativa, economica e sociale.
Devianza giovanile: i tassi di criminalità criminale competono e spesso superano quelli di città di dimensioni ben maggiori (rivaleggiamo con Roma): 3 dei 18 Tribunali per i Minorenni d’Italia si trovano in Sicilia, due nel territorio catanese. Abbiamo il numero più alto in Italia di ragazze che diventano madri a 15-16 anni, e la mortalità per incidenti stradali tra i giovani più alta della penisola. Il presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Gianbattista Scidà, negli anni Ottanta e Novanta del novecento individuò in sette quartieri del centro storico e delle nuove periferie l’epicentro del disagio e della criminalità minorile catanese. Tali aree ancora oggi costituiscono lo zoccolo duro della criminalità minorile e fungono da quartieri “vivaio” delle organizzazioni criminali. Ma oggi probabilmente si assiste ad un ampliamento ulteriore dell’area della devianza giovanile: ai “vecchi” quartieri del capoluogo si aggiungono diversi comuni dell’hinterland che sembra trovare un drammatico epicentro nell’area di Misterbianco, Paternò, Adrano, Biancavilla.
Droga e dipendenze: un’emergenza che non emerge. A Catania secondo il ministero dell’Interno da gennaio a settembre 2024 sono stati sequestrati 676,57 kg di droga, il numero più alto d’Italia. Le cronache ci consegnano spesso notizie di frequenti confische al porto di Catania, l’ultima il 18 marzo: sequestro per 7,7 milioni di euro, e di “crack-house”, case dove poter consumare e consumare droghe. Eppure il tema non emerge come a Palermo, dove la droga sequestrata è un terzo di quella a Catania ma il problema del crack è stato recepito dalla stampa e dall’opinione pubblica come uno dei più gravi problemi sociali. Occorre costruire un dibattito anche qui e discutere ad esempio della legge contro le dipendenze portata avanti a Palermo dall’arcivescovo Lorefice.
Povertà economica e povertà educativa che crescono l’una sull’altra, si trasmettono di generazione in generazione e colpiscono in maniera particolarmente violenta i bambini e i giovanissimi dei ceti popolari. Catania è la città con più famiglie a bassa intensità lavorativa (60,6%) d’Italia e la quarta città con più famiglie con Isee sotto i 7mila euro. Di fatto masse enormi di ragazze e ragazzi sono esclusi da fondamentali diritti di cittadinanza e condannati ad un futuro segnato di incertezza e precarietà. Il premio “Città dei giovani 2025” è proprio per loro, in una strana e apotropaica ironia per antifrasi.
La realtà, oltre ai titoli e ai premi, è che Catania è la città dove la vita di troppi giovani si svolge dentro un destino segnato da implacabili connessioni determinate dal quartiere in cui si vive e dalla famiglia in cui si nasce, da insostenibili livelli di povertà e di deprivazione educativa, dalla prossimità delle organizzazioni criminali.