Mondo

La Palestina non è uno slogan

Intervista a StudentxPalestina Catania
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Una riunione aperta nel maggio dello scorso anno

Prima dell’intervista a Giuditta e Costanza, le due ragazze di StudentxPalestina –“mi raccomando, mettili i nomi! Così chiunque si vuole lamentare sa a chi rendere conto”- per la testa mi rimbombava una citazione della Peste di Albert Camus (uno di quei libri dati agli amici con la promessa “No bellissimo grazie! Appena lo finisco te lo restituisco” e scomparsi nel nulla).

“E siccome un uomo morto non ha peso che quando lo si è veduto, cento milioni di cadaveri sparsi traverso la storia non sono che una nebbia nella fantasia”.

La mia memoria l’aveva resa molto più grezza, qualcosa come “solo la morte di un uomo ti colpisce. Cinquanta, cento morti sono solo numeri”.

A Gaza le vittime sono sessantamila.

“Abbiamo davanti ai nostri occhi un genocidio. Se apri Instagram ti trovi, quasi in diretta, lo sterminio di migliaia di persone” dice Costanza. È Giuditta a dirmi quando e perché è nato il movimento StudentxPalestina a Catania. “Il quindici maggio 2024, l’anniversario della Nakba,  durante un’assemblea indetta da studenti. Ne fanno parte alcuni collettivi e  associazioni e, soprattutto, studenti che hanno spontaneamente aderito al movimento. Alla base c’è stata l’esigenza di creare un movimento per la difesa della Palestina anche a Catania, con precise rivendicazioni: il boicottaggio accademico verso le università israeliane e l’interruzione dei rapporti tra Unict e la Leonardo SPA”. Alcuni obiettivi sono stati realizzati: una commissione etica più ampia però la stipula degli accordi universitari, le borse di studio (centomila euro) per gli studenti palestinesi, gli accordi tra Unict e l’università di Tel Aviv non più sbandierati alla luce del sole. Costanza è una delle studentesse che non faceva parte di altri collettivi. “Avevo bisogno di un’altra narrazione rispetto a quella dei media ufficiali. Una narrazione senza filtri, che raccontasse veramente quello che sta accadendo: come si fa a continuare a sentire “è iniziato tutto dal Sette Ottobre”  o “Israele sta combattendo Hamas”? Io sono convinta che il linguaggio non solo descriva, ma costruisca la realtà. Quindi bisogna dire che la Storia tra Israele e Palestina è iniziata ottanta, anzi, cento anni fa e che Israele sta uccidendo civili. Con il movimento abbiamo costruito una narrazione alternativa, più vera”.

“Catania in realtà  non si schiera” risponde così Giuditta, quando le chiedo come la città li abbia accolti. “Non si schiera. Magari ti applaudono o ti dicono di continuare. Ma poi sono sempre gli stessi ad attivarsi. Però la nostra è stata un’acampada molto partecipata, anche più di altre che magari hanno fatto più rumore. Siamo rimasti attivi per l’intero anno, con banchetti, pranzi sociali, contestazioni.

Sulla governance dell’ateneo: “Le nostre rivendicazioni erano scomode perché si sarebbe dovuto rinunciare agli ottimi accordi, dal punto di vista economico con la Leonardo.  Mentre l’opposizione di alcune associazioni universitarie è nata perché siamo riusciti a scheggiare quella sorta di campana di vetro che è la politica universitaria. Abbiamo dimostrato che una mobilitazione dal basso, senza passare per favori a questo o quello, è possibile. Ed è efficace: da un anno parliamo di Palestina e abbiamo ottenuto uno spazio in tutti i dipartimenti”.

Ed è forse il passaggio sull’università ad essere il punto fondamentale. Contro l’università-mercato, luogo di mero profitto; contro l’università come esaminificio in cui ognuno bada solo a se stesso. Contro l’università che sacrifica la questione etica, stipulando accordi di ricerca sul dual use.

“L’Università dev’essere il luogo dove si formano le coscienze e soprattutto il luogo della collettività. Solo se il singolo studente si vede all’interno di una collettività riesce a non essere schiacciato e a ottenere qualcosa. La Storia ci ha dimostrato questo: penso alle manifestazioni studentesche americane contro il Vietnam, al ‘68 francese e italiano; ma anche quello che sta accadendo adesso con gli studenti serbi”.

Ci salutiamo con Costanza che lancia un monito “Dobbiamo continuare a parlare di Palestina, e non vuole essere uno slogan. dobbiamo rimettere in discussione l’idea stessa di Occidente, che si è voltato dall’altra parte durante una vera e propria pulizia etnica. Ma dobbiamo metterla in discussione soprattutto perché Israele è l’Occidente, la sua parte più offesa, e sta violando qualsiasi etica”.