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Come si fa una rivoluzione

Una storia nepalese
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Ne sentiamo parlare da giorni: rivoluzione politica, proteste per strada, un parlamento che brucia, le prime elezioni della storia su Discord. Ne abbiamo parlato con una diretta interessata, Kushum Dahal, studentessa nepalese all’Università di Bologna, riguardo i recenti avvenimenti che hanno travolto il suo paese. Una preziosa testimonianza di amore e rabbia. (Questa intervista è stata condotta martedì 16 settembre)

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 Cos’è successo nelle ultime settimane in Nepal?

Il 4 settembre 2025 il governo del Nepal ha ordinato la chiusura di molte piattaforme social, circa 26, ma ciò è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: tutto è iniziato come una manifestazione contro il ban per poi trasformarsi in breve tempo in una protesta di massa contro l’intero governo. È stata in gran parte guidata da ragazzi della “Gen-Z” insieme a molti altri gruppi studenteschi come una protesta pacifica in tutta la valle di Katmandu. Il governo ha però deciso di imporre un coprifuoco dopo che alcuni gruppi avevano cominciato a lanciare pietre di fronte al parlamento, cosa che comunque aveva un intento soprattutto provocatorio e non volutamente violento. Da questo momento in poi la situazione è degenerata: le forze di sicurezza a Katmandu e in altre città hanno iniziato ad usare un mix di gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma “per ridurre al minimo i disordini”, come annunciato dal governo stesso.

Nell’ultimo periodo il primo ministro del Nepal è stato Sharma Oli del Partito Comunista del Nepal (Marxista-Leninista Unificato), cui il sistema di governo conferisce la maggior parte dei poteri: questi ha specificato più volte come siano state utilizzate armi “non letali”. Durante quegli scontri però in verità sono stati usati dei proiettili veri, che hanno ucciso 19 studenti, alcuni anche in uniforme scolastica: l’ospedale che li ha ricoverati lo ha poi confermato. I movimenti studenteschi allora hanno chiesto d’indagare riguardo la sproporzione della forza utilizzata sui manifestanti, una chiara violazione dei diritti umani, per cui persino Human Rights Watch ha chiesto un’indagine trasparente. Ho visto un video di un ragazzo che stava semplicemente manifestando senza essere in alcun modo violento venire sparato alla testa e cadere a terra. I colpi sembravano mirati. Fino ad oggi (16 settembre) sono morte circa 70 persone.

Ma il dissenso è andato ben oltre il mero fatto eventuale del ban social. La rabbia per la corruzione, il nepotismo, la stagnazione economica e la disoccupazione giovanile nonché per le palesi manifestazioni di ricchezza di poche potenti famiglie è straripata per le strade. Le elezioni indette ogni cinque anni ormai da troppo tempo vengono vinte dagli stessi primi ministri, a rotazione, derivanti dai tre maggiori partiti nepalesi (il Partito Comunista marxista-leninista, il Centro maoista e il Congresso Nepalese), incapaci di far evolvere il paese e risolvere i problemi maggiori. Il talento non viene mai riconosciuto, se vogliamo trovare lavoro dobbiamo necessariamente avere legami personali e raccomandazioni con qualcuno in quell’ambito.

Ogni parte del sistema è corrotta, e do la colpa di ciò non solo ai leader ma anche a tutti i membri del governo. Il tutto mentre i “Nepo-kids”, figli di leader e figure di spicco, vivono vite lussuose, soprattutto all’estero, guarda caso costantemente vantate sui social. I giovani hanno allora coordinato le loro azioni via Instagram attorno all’ONG “Hami Nepal”, guidata da Sudan Gurung, attivista e fondatore del gruppo: nei giorni successivi non solo la Gen-Z ma tutta la popolazione stava protestando, con anche alcuni membri dei maggiori partiti, avendo visto quanto accaduto ai loro concittadini, non curando il coprifuoco e le forze armate dispiegate ovunque.

Come ti senti riguardo quanto accaduto? Credi sia stato necessario?

Quando ho saputo delle proteste ero veramente felice, ho pensato: “almeno ora che i giovani come me sono in strada qualcosa cambierà”. Nessuna avrebbe potuto immaginare 12.000 persone per le strade della valle. Siamo stati supportati da tutti, dagli influencer fino agli operai, ma anche dallo stesso sindaco di Katmandu, Balendra Shah, rapper ed ingegnere eletto come indipendente che sta facendo davvero un ottimo lavoro nella capitale e che ha spronato particolarmente le proteste. Il 9 settembre hanno cominciato a dar fuoco alle abitazioni dei ministri, e mentre bruciavano in alto si alzavano tantissime banconote, non solo di valuta nepalese. Molti di loro sono riusciti a fuggire in elicottero. Il leader del Congresso Nepalese è stato catturato e picchiato in casa con sua moglie, ma non è stato ucciso (soccorsi dalla polizia, sono poi stati portati in ospedale), perché noi non siamo come loro – e lo abbiamo dimostrato chiaramente. Ma in tutto ciò hanno dato fuoco anche al Singha Durbar, il palazzo presidenziale nonché principale archivio nazionale, un tesoro del nostro paese, nonostante la maggior parte chiedesse di non farlo. Dopo questo fatto il primo ministro Sharma Oli si è dimesso. Hanno poi cominciato a dar fuoco anche ai principali supermercati, saccheggiandoli, alcuni con persone ancora all’interno, azioni contro cui moltissimi hanno espresso dissenso. Questa è stata davvero una pessima azione. È stato incendiato anche il palazzo della Commissione per l’inchiesta sull’abuso di autorità, fatto molto critico perché organo fondamentale che compie indagini, promuove trasparenza politica, educa all’anticorruzione.

Il caos generalizzato ha permesso poi a molti criminali di fuggire dalle prigioni, rendendo le strade ancor più pericolose. Solo alle 22:00 del 9 settembre l’esercito è riuscito a riprendere il controllo, ed è stato chiesto direttamente alla Gen-Z chi volevano fosse il loro futuro primo ministro la quale, preoccupata per le condizioni in peggioramento del paese, ha organizzato le nuove elezioni su Discord. Il 12 settembre è stata nominata la nuova prima ministra Sushila Karki ad interimfino a nuove elezioni.

Già giudice capo della Corte Suprema del Nepal nel 2016 (prima donna a ricoprire una carica istituzionale di tale rilievo), particolarmente nota per il suo impegno in prima persona contro la corruzione, Sushila Karki è una delle anime più forti della nostra società attuale. Nel 2017, all’età di 65 anni, in nome della meritocrazia annulla la nomina politica di un capo della polizia: i maoisti tentano di rimuoverla con un impeachment, ma il piano fallisce grazie alle proteste popolari e al sostegno della corte. Data la sua forte integrità morale e le pregresse esperienze, abbiamo riposto tutte le nostre speranze nelle sue mani.

La chiamiamo “Āmā”, che in nepalese significa “mamma”, perché proprio come con una madre – anche a 73 anni – crediamo che non ci abbandonerà mai, non ruberà ma ci darà, non ci deluderà ma ci aiuterà a crescere ogni giorno di più. Giorno 15 settembre ha creato una nuova formazione di governo escludendo tutti i precedenti ministri fissando le nuove elezioni a marzo 2026. Un ruolo fondamentale è stato anche quello del presidente Ram Chandra Paudel che, senza guardare agli interessi di partito, ha fatto di tutto per salvare la costituzione, ed è inoltre stato capace di individuare in Sushila Karki la nuova prima ministra.

Adesso il paese è tornato in una situazione di pace. Nonostante ciò i partiti che sono stati rovesciati si affannano ancora nella ricerca di potere, gridando che “risorgeranno”, ma ormai hanno perso. Dopo le proteste i ragazzi sono ritornati nelle strade per ripulire e riparare il quanto più possibile. Domani mercoledì 17 settembre il governo ha annunciato un giorno di veglia per tutte le vittime delle proteste, le cui famiglie verranno anche risarcite.

Cosa ti aspetti dal futuro?

Non so cosa riserverà il futuro per il nostro paese, ma almeno adesso sappiamo di essere nelle mani giuste. Sicuramente la rivoluzione è stata necessaria, era la cosa più importante per noi, riguardava tutti. Guarda me: io non avrei mai lasciato il mio paese se mi avesse dato un’opportunità migliore. Io amo il mio paese, credo che ogni nepalese lo ami, perché avrei dovuto lasciare un posto così bello? Una natura straordinaria capace di offrire tutto, con un’agricoltura potenzialmente fiorentissimama abbandonata da un governo incapace e corrotto. Non sono però d’accordo con tutto quello che hanno fatto i miei coetanei in queste settimane. Ho pianto quando ho visto il Singha Durbar in fiamme, era un edificio meraviglioso, così maestoso da vedere una volta atterrati a Katmandu. Nonostante la necessità di tale rivoluzione, è stato comunque tremendo veder soffrire il proprio paese, soprattutto stando lontana da casa. Vorrei tanto tornare in Nepal, e spero tanto di poterlo aiutare con la formazione che sto ottenendo all’estero – come penso che ogni nepalese vorrebbe. Spero – e adesso posso anche crederci veramente – in un futuro migliore.