Claudio Chiaverotti, indiscusso maestro del fumetto fantastico (e non solo) italiano, dopo aver studiato da odontotecnico e aver cercato fortuna tra le carte della Legge, ha prestato la penna – e un po’ anche la spada – alla nona arte, scrivendo acclamate sceneggiature per Dylan Dog e dando vita a fantastici (in tutti i sensi) personaggi come il cavaliere di ventura Brendon e il cacciatore di serial killer Morgan Lost.
Che cosa significa per lei raccontare storie? E perché proprio in forma di fumetti?
Le storie sono il modo in cui racconti di te, il tuo modo di vedere la realtà. Noi parliamo sempre di noi stessi, anche senza rendercene conto. Perché il fumetto? Lungo la mia strada ho trovato quello: ho sempre avuto una gran passione per il cinema e il fumetto mi sembrava la cosa più vicina. Ad un certo punto ho incrociato la mia strada con quella di Alfredo Castelli, che è stato per me fondamentale: da quel momento non ho più lasciato il fumetto.
Brendon e Morgan Lost: quali moti dell’anima ha voluto portare fuori attraverso queste storie?
Brendon è la (mia) voglia di fuggire, il mio non mediare le ingiustizie (infatti vive in un mondo che non ha mezze misure); trae moltissimo dai film di Salvatores (Mediterraneo e Marrakech Express soprattutto). Sono poche – secondo me – le persone che stanno bene dove sono, tutti noi vogliamo qualcos’altro, qualcosa che non abbiamo o non possiamo avere. Fin da piccoli ci raccontano che i problemi bisogna affrontarli, Brendon invece è un cavaliere che monta a cavallo e fugge – dove? Da dove? Chissà. Fugge alla verità – come diceva Corto Maltese -, fugge alle responsabilità della vita, fugge e basta: è la mia voglia di saltare sul cavallo e andare. Morgan Lost è più metropolitano, più vicino a me, ad una serie di mie paranoie (soffre di mal di testa come capita di solito anche a me). In Morgan Lost invece il fulcro è più la discesa nel mistero dell’oscurità dell’animo umano: momenti di follia necessaria come diceva Wes Craven dei film horror. In entrambi vi è però una mia peculiarità: Brendon porta le occhiaie mentre Morgan Lost una mascherina sul viso, proprio come me che porto sempre gli occhiali da sole.
Qual è il senso della paura in ciò che racconta?
Questo lo chiedo io al lettore: ognuno fa proprio ciò che legge. La paura per me è qualcosa di metafisico. Ed è più una paura della luce che dell’oscurità, dove mi sento più al sicuro, mentre molti mostri stanno proprio alla luce – uomini dalla ragion di stato, ecc.
Fumetti, cinema, narrativa: quali sono i modelli dei mondi oscuri di Claudio Chiaverotti?
Il cinema, horror in particolar modo, sopra tutto, per una mia personale forma mentale. Io racconto – ed in generale penso – per immagini. Quando vedo una persona per strada che mi incuriosisce inizio ad immaginare un pezzo di storia intorno alla sua figura, calandola nel racconto. Sono in realtà un pessimo lettore: se un libro mi annoia non riesco a continuarlo, mentre un film risulta molto più coinvolgente.