Alle elezioni studentesche si vota pochissimo. A Catania alle ultime elezioni dei rappresentanti al Senato Accademico, il 33% degli aventi diritto ha espresso il proprio voto: 12.513 votanti su 37.854 iscritti. Ancora più bassa la percentuale per le elezioni al CNSU (il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, l’organo più alto di rappresentanza studentesca universitaria in Italia). A Unict soltanto il 17% degli studenti si è recato alle urne, 6461 votanti. Non meglio in altre università italiane, come La Sapienza di Roma, l’ateneo con più studenti della penisola, dove alle elezioni interne l’affluenza era del 25% (su 132.110 iscritti).
Simili numeri restituiscono l’immagine di un corpo studentesco estraneo e distante dalla politica universitaria. In un quadro generale di crisi della democrazia, di disaffezione e disinteresse per la partecipazione elettorale, si può dire che dentro gli atenei la democrazia sia in agonia. Un astensionismo tanto palese da imporre riflessioni sui problemi strutturali della rappresentanza studentesca, sullo stato di salute della democrazia dell’ateneo.
Imputabili sono forse gli studenti, chiusi in sé stessi, in un narcisismo che non conosce altro vocabolario che il proprio personale interesse. Il tipo di studente che frequenta l’ateneo porta avanti un atteggiamento verso la politica che rende difficile il funzionamento stesso della democrazia: atteggiamenti di fastidio, di ripulsa ostile, spesso di distanza sospettosa per un mondo (forse) popolato da truffaldini. Da dove deriva questo atteggiamento ostile? È comprensibile? In parte sembra di sì.
Il disinteresse degli studenti deriva anche dal fatto che a volte la rappresentanza studentesca non ha (o pare non abbia) nulla da dire o qualcosa da fare di veramente significativo. Si ha la percezione che il lavoro dei rappresentanti si riduca sommariamente ai soli compiti di un CAF: agiscono come in un ufficio burocratico per gli studenti, informano se questo o quel professore è più o meno generoso con i voti o quali domande fa all’esame, talvolta passano riassunti dei libri in vista degli esami. Organizzano incontri: aperitivi, visioni di film. Attività spesso necessarie, utili, che rispondono a esigenze reali, ma talvolta si ha la percezione che siano l’unico orizzonte per tante associazioni.
Poi arrivano le elezioni: ti fermano per strada, magari ti conducono a votare. Spesso il voto richiesto è un favore, nell’urna non percepisci molta differenza tra le opzioni. Sarà una cattiveria, ma con simili livelli di partecipazione elettorale viene da pensare che il sistema della rappresentanza studentesca vada avanti e sia sorretto da un sistema di “amichettismo” e richiesta di favori.
Insomma vi è tendenza alla spoliticizzazione che trasforma l’associazionismo in amministrazione. Eppure i temi, come cercheremo di mostrare in questo numero, per i quali è necessaria attenzione e partecipazione politica sono molti, soprattutto per il CNSU. Il confronto, la partecipazione condivisa, la costruzione di sapere e di dibattito sembrano saltuari e intermittenti.
Le elezioni al CNSU del 14-15 maggio saranno un banco di prova per le associazioni per dimostrare il contrario.