Catania

Maria, prostituta bulgara a Catania. Mamma, figlia e “donna forte”.

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«Ma io in Bulgaria non ero mica “zoccolina, ulichnitsa, curva prostitutka”, studiavo. Studiavo a scuola per capire gli altri, capire come stavano. (…) Ma presto smetterò di fare questo lavoro. Come? Verrà un uomo buono che mi ama e me ne andrò via.»

Maria è bassa, vestita di bianco, ha una gonna cortissima che lascia scivolare due gambe massicce. Ferma sul ciglio della strada vicino Piazza dei Martiri, via 6 Aprile, a meno di 500 metri dal teatro Bellini, Maria vede passare le macchine e aspetta. È allegra e parla al telefono con le colleghe «per tenersi compagnia».

Basta rivolgerle uno sguardo perché lei esponga i termini di un accordo commerciale: «boccafiga 30 euro». Sorride e ha una voce squillante. Accetta di fare un’intervista, ma capisce poco l’italiano. Ci accordiamo solo per parlare: «allora che domande?» Sorride. Ride e parla forte. Sbadatamente, la promessa di un’intervista anonima cade subito – come ti chiami? –  ma lei non ci fa caso, e forse pensa che sia un interrogatorio: «Maria, 33 anni, lo giuro. Da dove vengo? Bulgaria, da un paese vicino Plovdiv». E mentre ci sediamo sotto un albero, pensa forse che sarebbe meglio il consueto rapporto di lavoro: «Dai! Niente domande, andiamo a scopare! Lì, dove mi metto con tutti voi» e indica un cespuglio dall’altro lato della strada, verso il mare. Anche dopo il rifiuto rimane perplessa: «Ma perché lo fai? Per questura?».

Un passante ci interrompe. Maria lo ferma e gli chiede se verrà con lei a scopare di là, ma lui sta tornando a casa e non può. «Faccio questo lavoro da 8 anni. I miei clienti sono di tutte le razze, soprattutto catanesi, ma anche gli altri colori» «Minorenni?» Le sorge di nuovo il dubbio di stare parlando con «uno della questura» e di nuovo chiede il perché delle domande. Forse riesco a sillabare qualcosa come “giornale studentesco, dare voce agli ultimi, guardare la città”, ma lei mi interrompe e mi stringe una mano: «Ma vedi che io ti capisco. Tu hai studiato e lo vedo dagli occhi, io pure ho studiato là in Bulgaria, studiavo anche io per capire gli altri, io in Bulgaria non ero mica zoccolina, ulichnitsa, curva prostitutka, studiavo». Scoppia a ridere.

Quando è arrivata qui a Catania, Maria, 33 anni, bulgara, bassa e vestita di bianco, aveva 25 anni. «Sì, sono venuta da sola, ma là ho una famiglia, mia madre e due figli, mio padre no». Quando chiedo se i figli sanno del suo lavoro, Maria non sorride e diventano lucidi i suoi grandi occhi neri: «no i figli non lo sanno, mamma sì. Senti, io sono felice che mi hai pagato senza scopare ma mi fai pensare a cose dolorose. Presto smetterò di fare questo lavoro: troverò un uomo buono che mi ama e me ne andrò via»

A Maria, da 8 anni prostituta a Catania in via 6 Aprile, bianchissima nella pietra lavica, non piace sembrare debole: subito torna a sorridere e mi dice che io devo capirlo: «io sono una donna…» un rapido movimento del braccio vuole suggerire una parola adatta: «Forte!» «Sono forte e mi piace fare l’amore per sostenere i miei figli in Bulgaria».

Chiedere come e perché ha iniziato a lavorare qui, proprio 8 anni fa, quando ha messo piede, il primo piede, a Catania è stupido, e lei non risponde. Mi chiede di andare e mi saluta. È chiaro: non lo dirà ora né lo direbbe dopo: lei resterà muta e il resto della città sorda, e non sarà possibile che uno sguardo senza riconoscimento reciproco tra lei e noi, tra due Catanie estranee; e lei e i suoi figli di qualche villaggio bulgaro non potremmo che isolare nella quarantena di una Catania e di un’umanità altre, cui qualcuno talvolta si affaccerà per chiedere un boccafiga per trenta euro.

O forse resta ancora la speranza di un riscatto che nonostante tutto vive tra le vie di quel quartiere, ad opera della parrocchia e del terzo settore. Il sogno di una Catania nuova, più vicina alle sue alterità, una comunità vera che consoli le offese di una madre e di una donna.

Ma ecco, ha fatto bene a farmi andare, già si è fermata una macchina, un ragazzo offre una sigaretta, apre lo sportello, Maria sale.